A cura di Padre Charlò Camilleri O.Carm., Priore del Convento di Mdina, Consigliere della Provincia Maltese dei Carmelitani e Docente alla Facoltà Teologica dell’Università di Malta
BIRGU
In un documento del 1274, abbiamo il primo riferimento ad una chiesa dedicata al Santo nel Castrum maris, a Birgu. La chiesa dovrebbe essere antecedente a questa data. Questo documento trovato nell’archivio di Napoli parla di due chiese nel Castrum maris.[1] La presenza di queste due chiese a parere degli storici si collega ai progetti di fortificazione nel secolo tredicesimo. Infatti, già dal 1220, Federico II, appuntava i suoi castellani nel Castrum maris. Susseguentemente nel 1266 cadde sotto la giurisdizione degli Angioini fino al 1283. Il castro cercò di resistere a gli Aragonesi che governavano l’isola dal 1283.[2] Sotto gli Aragonesi troviamo castellani Siciliani, alcuni provenienti anche da Licata, come la famiglia de Nava che avevano giurisdizione solo nei confini del Castrum maris.[3] Possiamo perciò dedurre che da questo punto in poi il culto di Sant’Angelo si lega definitivamente al Castrum maris fino al punto di prendere il nome del santo martire di Licata.
L’inventario del 1274 specifica che nel ‘castro interiore’ c’era la chiesa di Santa Maria. Questa poi fu ridedicata dai cavalieri a Sant’Anna. Lo stesso inventario indica che nel ‘castro esteriore’ c’era la chiesa di Sant’Angelo: “bliddam aliam in cura sancti Angeli cum apparatu suo et duabus fundis de coryo; bliddam alteram in castro esteriore ante ecclesiam Sancti Angeli cum apparatu suo et duabus fundis de coryo”.[4]
Già nel 1462 nella chiesa di Sant’Angelo c’era come quadro titolare la Natività di Maria, che poi dalla vittoria nell’assedio del 1565 viene popolarmente detta ‘Il-Vitorja’. Il culto mariano nel forte si ricollega ad una confraternita mariana che fece lì la sua sede dal 1445.[5] I due altari laterali scavati nella roccia a forma di arcosolium furono dedicati a Sant’Angelo patrono del Castrum maris e a Santa Barbara patrona dei bombardieri. Questo si pensa ad opera dei Castellani de Nava, Licatesi.[6]
I cavalieri poi, nel secolo sedicesimo, ampliarono e restaurarono il forte, che susseguentemente resistette agli invasori Turchi nell’assedio del 1565.
Il Darmanin citando degli autori riferisce come “titolare del castello” il nostro Sant’Angelo carmelitano e martire.[7] Ambedue i quadri sono stati persi nella seconda guerra mondiale. Nel 1652 in una nuova tela dell’altare dedicato a Sant’Angelo carmelitano e martire, hanno affiancato santi Onofrio ed Antonio di Padova.[8]

Foto gentilmente messa a disposizione dal Sig. George Agius dalla collezione privata dello storico Lorenzo Zahra.
Il Forte era sede al The Most Distinguished Order of St Michael and Saint George, fondato a Corfù nel 1818 e nello stesso anno a Malta con l’intento di occupare il posto – nell’immaginario maltese – dei Cavalieri di Malta. Il cambio della tela all’ingresso del Forte e perciò del santo patrono del Forte Sant’Angelo dal martire carmelitano a San Michele Arcangelo si deve interpretare nella scia di mosse politiche nel cambio di nomi di luoghi, come per esempio il cambio del nome della Sala del Maggior Consiglio del Palazzo della Valletta, in Hall of St Michael and St George.
Dopo i recenti restauri in corso, curati dal Heritage Malta, sfortunatamente senza nessun fondamento archivistico e storico, si è presunto che il santo titolare del Forte “Sant’Angelo” si riferisce a San Michele Arcangelo.[9] Senza dubbio questa ipotesi recente infondata è da contestare a base di diversi fatti.[10] Primariamente a San Michele fù dedicato un’altro Forte situato a Senglea al lato opposto di Sant’Angelo. Forte San Michele, oggi Il-Kavallier San Mikiel, fu protagonista di difesa nell’Assedio del 1565 con il Forte Sant’Angelo. È inverosimile che i Cavalieri di Malta dedicassero due fortezze al medesimo santo, uno al lato opposto dell’altro! In secondo luogo, come già abbiamo riferito c’è la dedicazione di un’altare laterale a Sant’Angelo di Licata martire carmelitano dai Licatesi, i Castellani de Nava. In terzo luogo, il quadro, di dimensioni 140cm x 100cm, del secolo diciassettesimo che si trovava all’interno dell’ingresso principale del Forte si trova oggi nel convento dei Francescani a Valletta.[11] Il quadro ritrae la Vergine del Carmine col Bambino, Sant’Angelo e una carmelitana che potrebbe raffigurare Teresa di Gesù o Maddalena de’ Pazzi.[12] In ginocchio il castellano in preghiera che sovrasta un edificio a sembianze di fortezza. Proprio nell’entratura del Forte c’è una nicchia con prospettiva sculturata in pietra, nella quale di recente si trova una immagine assai mediocre e anacronistica di San Michele Arcangelo. Sulla prospettiva sculturata sono rappresentate le due palme incrociate e sorvolate dalla corona del martirio. Solo nel 1933 il Capitano Olof Frederck Gollcher (1889-1962)[13] cambiò il quadro con un San Michele, opera del Corelli, al posto di quello raffigurante Sant’Angelo carmelitano e martire.[14]

Foto di P. Anthony Cilia, O.Carm.
Senza fare digressione dal nostro argomento, facciamo notare qui che nel Palazzo Falson a Mdina – abitazione del Capitano Gollcher oggi trasformata a casa-museo – si trova una tela raffigurante l’apoteosi di Sant’Angelo martire carmelitano, nella quale John Spike vede l’influsso del Domenichino.[15]
L’intervento del Capitano Gollcher si può spiegare se si tiene conto che il 1933 è l’anno in cui gli Inglesi ribattezzarono il forte HMS St. Angelo dopo che dal 1912 lo convertirono in una base navale battezzata come HMS Egmont. Senza nessun dubbio si può costatare che anche da questo punto di vista iconografico non si trova nessuna evidenza, scritta o plastica, fino al 1933 di un’immagine di San Michele nel Castrum maris e susseguentemente nel forte.
Ai tempi degli Inglesi, il Forte era sede al The Most Distinguished Order of St. Michael and St. George, fondato a Corfù nel 1818 e nello stesso anno a Malta con l’intento di occupare il posto – nell’immaginario maltese – dei Cavalieri di Malta. Il cambio della tela all’ingresso del Forte e perciò del santo patrono del Forte Sant’Angelo dal martire carmelitano a San Michele Arcangelo si deve interpretare nella scia di mosse politiche nel cambio di nomi di luoghi, come per esempio il cambio del nome della Sala del Maggior Consiglio del Palazzo della Valletta, in Hall of St. Michael and St. George. Anche nel medesimo forte gli inglesi hanno battezzato uno dei tre grandi magazzini a San Giorgio.

Foto gentilmente messa a disposizione dal curatore della casa-museo Palazzo Falson.
Ritornando alla chiesetta del Forte, notiamo che il Prof. Mario Buhagiar la pone nel contesto della ri-cristianizzazione di Malta dove troviamo una popolazione composta da tam christiani quam saraceni. La ri-cristianizzazione dell’isola portò anche ad una migrazione forzata dei musulmani dal 1221 al 1225, e cioè ai tempi del martirio di Sant’Angelo. Il Buhagiar scrive che la cristianità a Malta:
“must necessarily be viewed in the context of Sicily of which Malta was a geographic, political, and (to an extent) ethnic appendage. There are undeniable pitfalls in such an approach, and one should guard oneself against going too far, but the fundamental importance of a sound understanding of the situation prevailing in Sicily at a time when its relations with Malta were especially intimate, cannot be sufficiently stressed.”[16]
Il Prof. Carmel Cassar rileva che “Malta di pendeva così strettamente dalla Sicilia da non avere nessun valore strategico, al punto di essere considerata – ‘niente più che una base ausiliaria, in quanto un signore feudale siciliano non aveva altro interesse nei confronti di Malta, se non tenerla fuori dalle mani di una potenza nemica’”.[17] Questo legame divenne più stretto al punto da considerare, già dal quindicesimo secolo, Licata come “il granaio di Malta”.[18] Non sarebbe perciò strano che il culto di Sant’Angelo approdò anche a Malta in questo contesto. Sant’Angelo infatti con Sant’Alberto, ambedue carmelitani, sono santi legati alla ri-cristianizzazione della Sicilia per la loro itinerante predicazione alla conversione. Sant’Angelo infatti ricevette il martirio ‘per mano di empi infedeli’. La sua biografia preserva questo contesto tra l’altro nella narrazione del viaggio del santo verso la Sicilia nel 1219. Il santo si incappò in quattro navi saracene che lo torturano, ma non lo uccisero a forza di un intervento dal cielo che accecò gli infedeli, e alcuni si convertirono.[19]
Infine, considerando che “non multa remanent de primitivo cultu S. Angeli”[20] un riferimento ad una chiesetta in onore di Sant’Angelo già dal 1274 costituisce un’importante tassello nell’intero mosaico dello sviluppo del culto angelano. Di certo questo costituisce un’ambito da approfondire ulteriormente.
BIR MIFTUĦ
Nel 1436 abbiamo un riferimento ad un’altra chiesa, questa volta parrocchiale dedicata all’Assunta: Santa Marija ta’ Bir Mitfuħ. La grandezza della chiesa originaria e l’estensione di questa parrocchia e a Gudja, Ħal-Kirkop, Ħal-Safi, l-Imqabba, Ħal Tarxien, Ħal Luqa, Ħal Farruġ e Birzebbuġa è indicativo che essa è assai antica e antecedente al riferimento che troviamo nel cosidetto Rollo del vescovo Senatore de Mello. In questa chiesa si trovano frammenti di un affresco che rappresenta il Giudizio Universale che risale al quindicesimo secolo. Tra i santi raffigurati, in mezzo a una santa Vergine e Martire, forse Lucia o Agatha e San Domenico, troviamo Sant’Angelo martire.[21]
IŻ-ŻEJTUN
A Żejtun troviamo poi una chiesa del 1670 dedicata a Sant’Angelo martire. La chiesa fu costruita dal nobile Girgor Bonici benefattore primario della chiesa parrocchiale di Żejtun dedicata a Santa Caterina di Alexandria. La chiesa di Sant’Angelo è proprietà dei nobili Testaferrata Bonici, nella quale trovano anche sepoltura i membri di questo casato, incluso il medesimo Girgor Bonnici. Nel 1675 la chiesa fu elevata a Chiesa Abbaziale, col suo primo abate il Rev. Mario Testaferrata. La tela d’altare del celebre Giuseppe d’Arena il Romano raffigura il martirio del Santo caduto a terra e sollevato da due angeli. Il Bonici che nel 1653 era Ambasciatore dei Maltesi a Licata portò con se a Malta l’urna reliquiaria che precedette quella attuale realizzata da Lucio De Anizi per la ricognizione canonica del 14 maggio del 1623.[22] Nel 1625 troviamo il racconto di una grazia ottenuta dal maltese Maestro Orazio Raynel, miracolosamente salvato dal naufragio per intercessione di Sant’Angelo. La grazia è legata ad “una scheggia della primitiva cassa del corpo di Sant’Angelo… donata in Malta”.[23]
LA VALLETTA
Dopo la peste del 1675-1676, per voto si ingrandì la chiesa di San Rocco edificata per voto dopo la peste del 1592 che durò da maggio a settembre. Il Gran Maestro Gregorio Carafa finanziò il progetto di ingrandimento e da grande devoto dell’Immacolata ne cambiò la dedicazione. Il quadro titolare della chiesa nuova fu commissionato dall’artista Stefano Erardi. Ritraendo nello stile di sacra conversazione l’Immacolata affiancata da San Rocco e Sant’Angelo. Evidentemente ambedue i santi sono raffigurati in relazione alla liberazione dalla peste. La presenza di Sant’Angelo la riteniamo interessante se si pensa che a Licata il santo viene anche invocato per la liberazione dalla peste come quella del 1625. Lo storico Lorenzo Zahra nota che ai tempi della peste del 1514 Sant’Angelo con Santa Rosalia e San Sebastiano furono venerati e invocati come i santi protettori dalla peste. Dopo la liberazione dalla peste del 1675-1676 l’Università istituì per voto due processioni in onore di San Rocco e Sant’Angelo, carmelitano nei giorni rispettivi della festa alla Valletta, Senglea e Vittoriosa.[24]
BIRŻEBBUGIA
Nel 1702, Vincenzo Viani, di nobil casato costruì una chiesa dedicata a Sant’Angelo a Ħal Far. Annesso alla chiesa c’era la residenza estiva della famiglia Viani con giardini. Purtroppo questa chiesa, frequentata dai contadini, fu danneggiata durante la seconda guerra mondiale e susseguentemente andò totalmente perduta per far spazio alla pista di decollo. Si officiava in essa nelle domeniche e nelle feste. Fino alla sua distruzione il 5 maggio si celebrava in essa la festa del Santo con messa e vespri solenni.[25]

[1] Già nell’antichità, laddove emergerà poi il Castrum maris vi era un luogo di culto dedicato ad Astarte. Si veda: P.P. Carsagna, Malta bil-chzejer tehne u li ghadda min ghaliha, Malta 1865, 9. Ai tempi della cristianità il luogo di culto cristiano già dal secolo 7. Si veda John Vella, ‘The Rock-cut church of Bormla: Origins and Developments’, in Journal of Maltese History, 5/1(2016).
[2] Sugli Angoini e gli Aragonesi a Malta si veda: Alfred Samut Tagliaferro, ‘Maltese Regiments: Early Events in Maltese Military History – 2’, in Heritage. An Encyclopaedia of Maltese Culture and Civilisation, vol. 1, Midsea Books, Malta 1979, 46-48.
[3] Si veda: Anthony Luttrell, ‘The House of the Castellan of Malta,’ in, Heritage, 161-165. Luttrell rimanda inoltre agli studi di H. Bresc., M. Buhagiar e J. Ward-Perkins publicati in Medieval Malta: Studies on Malta before the Knights, a cura di A. Luttrell, Londra 1975.
[4] Malta nei documenti Agioini del R. Archivio di Napoli, 135
[5] Si veda: Vincent Borg, ‘Marian Devotions in Maltese Diocesan Churches’, in Marian Devotions in the Islands of Saint Paul (1600-1800), The Historical Society, Malta 1983, 2, Id., ‘The Nativity of Our Lady’, ibid., 34; IX Congressus Mariologicus Internationalis – XVI Congressus Marianus Internationalis‘. Programme (8-18th September 1983), Malta & Gozo, 1983.
[6] Per i dettagli dei lavori di costruzione si veda: J. F. Darmanin, The Phoenico-Graeco-Roman Temple and the Origin and Develoment of Fort St Angelo, Progress Press, Valletta, 1949,18-20; Lorenzo Zahra, ‘Il-Knisja tal-Vitorja fil-Forti Sant’Anġlu, Birgu’, f’ f’Kappelli Maltin (on-line): www.kappellimaltin.com (BRG Vitorja tal-Forti). 21 ta’ Awwissu 2019
[7] “titular of the castle”
[8] Nota manoscritta di Lorenzo Zahra, gentilmente messa a disposizione dal Sig. George Agius, dalla collezione privata dello storico Zahra (fondo Vittoriosa Memoralia fasc. 20-21). Il Sig. Agius gentilmente ha messo a disposizione fotografie d’epoca per le quali possiamo sapere come fosse la pala d’altare. La collezione del Zahra è stata donata nel 2019 agli Archivi della Chiesa Collegiale di Birgu sta ancora in fase di trasferimento agli archivi. La presenza di San Antonio di Padova (1195-1231) potrebbe spiegarsi con il fatto che Giovanni de Nava era un gran benefattore dei Francescani (Ofm. Conv.) già presenti nell’isola almeno dal 1370. Si veda su questo punto: IX Congressus Mariologicus, 177. La presenza di San Onofrio, un santo eremita del cristianesimo orientale del quarto e quinto secolo, venerato anche nel cristianesimo latino, potrebbe ipoteticamente legarsi all’era Bizantina nella storia dell’isola.
[9] Si veda comunicazione scritta via molteplici email (19 Settembre 2019) con il Sig. Matthew Balzan del Heritage Malta, Curatore del Forte Sant’Angelo, nella quale su domanda esplicita dell’autore se effettivamente si ha in possesso documentazione scritta e certa che esplicitamente punta verso il patronato di San Michele Arcangelo sul Forte, il corrispondente risponde in negativo sulla certezza, ammettendo perciò siamo al livello di supposizione. Il Sig. Balzan nella corrispondenza esprime la sua sorpresa, quasi mettendo in dubbio, dell’esistenza di un culto al santo già a distanza di circa cinquanta anni dopo il martirio. Fonti documentate ci tramandano già verso il 1312 testi liturgici completi con inni, antifone e letture per il giorno dedicato al santo sotto il titolo “Divi martyris Angeli officium” e “Angeli martyris, ordinis beatae Mariae genitricis Dei de Monte Carmeli,…”. Mi riferisco qui ai testi già trascritti ed elencati nell’Ordinale di Sibert de Beka che fú approvato dal Capitolo Generale dell’Ordine Carmelitano nel 1312. Scopo dell’Ordinale è il mettere insieme ordinatamente le pratiche liturgiche già esistenti nel Carmelo per imporle a tutte le provincie religiose dell’Ordine in tempi di espansione in tutto il mondo medievale. In più già nel Capitolo Generale del 1294 si parla di un’Ordinale da revisionare. Si pensa che l’Ordinale di Sibert de Beka è infatto una revisione di quello del 1294. Per ulteriori approfondimenti si veda: We sing a Hymn of Glory to the Lord. Preparing to Celebrate Seven Hundred Years of Sibert de Beka’s Ordinal 1312-2012 (=Proceedings of the Carmelite Liturgical Seminar – Rome 6-8 July 2009), edited by Kevin Alban, O.Carm. TSHC 32, Institutum Carmelitarum – Edizioni Carmelitane, Roma 2010, 36-41, 314-317, 332-338. Per un breve profilo sullo sviluppo del culto di Sant’Angelo si veda Emanuele Boaga, Celebrare i nostri Santi. Commento al ‘Proprium Ordinis Carmelitarum’ delle Messe e della Liturgia delle Ore, Edizioni Carmelitane, Roma 2009, 30-31.
[10] Il Darmanin cita Msgr Psaila il quale ha ipotizzato che il titolo di S. Angelo al Forte fù dato dai Cavalieri di Malta ispirati dalla dedicazione del Moles Hadriana all’Arcangelo San Michele. Naturalmente prendendo in considerazione gli altri dati storici, questa ipotesi è da ritenersi infondata. Si veda: Darmanin, 17.
[11] Comunicazione orale gentilmente tramandata in varie occasioni non relatate dal P. Leonardo Mahoney, O.Carm., P. Anthony Cilia, O.Carm. e il P. Carmelo Ferrante, O.Carm. Quest’ultimo mi ha raccontato personalmente che quando era segretario dell’Istituto di Formazione Teologica per i Religiosi INSERM, fondato nel 1968 con sede nel convento dei Francescani Conventuali a Valletta, un frate Francescano residente nel medesimo convento della Valletta, gli fece vedere questo quadro, dicendogli della provenienza dal Forte Sant’Angelo a Birgu. Per informazioni plastiche sulla tela si veda: Eve Cocks, The Works of Art within the Church of St Francis of Assisi, Valletta. Dissertation submitted in fulfilment of the requirements for the Degree of Bachelor of Arts (Honours) in History of Art presented in the Art Unit, Faculty of Arts, University of Malta, Malta 2012, 124. Con la cornice, la tela misura 150cm x 110cm.
[12] Il velo bianco sottostante il velo nero, è indicativo che la santa ritratta potrebbe essere Maddalena de’ Pazzi.
[13] Il Capitano Gollcher, artista, filantropo, avido collezionista di opere d’arte, gentiluomo di grande cultura e persona molto caritatevole che organizzava cene per i poveri. Il Capitano Gollcher si adoperò molto per la preservazione dei siti storici di Malta, sponsorizzando restauri di siti importanti e opere d’arte. Luterano attratto da figure storiche che contestavano l’autorità papale in materie civili e di stato, nel 1936 divenne Knight of Grace of the Grand Priory of the British Realm of the Venerable Order of the Hospital of St John of Jerusalem, susseguentemente nel 1937 ricevette l’onorificenza del O.B.E. (Most Excellent Order of the British Empire). Per un profilo biografico si veda, Francesca Balzan, ‘Olaf Frederick Gollcher. The heart and soul of Palazzo Falson, in Treasures of Malta 69 (2017) 13-21.
[14] Darmanin, 18. Il Capitano Gollcher opina che la nicchia con i simboli del martirio risale al diciottesimo secolo, massimo fine diciassettesimo secolo. Anche se questo fosse vero non giustifica storicamente il cambio della tela e del titolare. È giusto chiedersi se questo è in effetti un caso di revisionismo storico per fini politici.
[15] Comunicazione tramite corrispondenza email dal curatore di Palazzo Falson Caroline Tonna e Maria Eileen Fsadni il 22 Settembre 2019. I nessi del Gollcher con S. Angelo sono alquanto interessanti. Purtroppo non si ha notizie sulla data d’acquisto della tela in questione perciò non si può dare per certo un nesso con il cambio del quadro al Forte S. Angelo.
[16] Mario Buhagiar, ‘The Re-Christianisation of Malta: Siculo-Greek Monasticism, dejr Toponyms and Rock-cut Churches’, in Melita Historica: The Journal of the Malta Historical Society 13 (2003) 254-255.
[17] Carmel Cassar, ‘Malta and Sicily: The Primacy of Licata’ – ‘Malta e la Sicilia: Il Primato di Licata’, in, Debono, Sandro and Giovanni Granzotto ed, Riccardo Licata. Mediterranean Soul, 1a edizione, Verso L’Arte Edizioni, Roma, 2011, 112-131.
[18] Ibid.
[19] Sul cenno alla ri-cristianizzazione, alla quale viene legato il nostro santo, si veda l’edizione critica della Vita S. Angeli, di Enoc, pubblicata in Ludovico Saggi, S. Angelo di Sicilia. Studio sulla vita, devozione, folklore, (=Textus et studia historica carmelitana – VI), Institutum Carmelitanum, Roma, 1962, 194-196. Enoc riporta un dialogo mistico tra il Signore e il santo, nel quale Gesù Cristo invia con
una missione precisa Sant’Angelo di riportare alla vera fede con la predicazione il popolo suo, in preda a costumi corrotti, in Italia caduta, come altre “in manibus Turcorum”. Si veda per una interpretazione allegorica delle figure di Berengario e Margerita (di dubbia storicità), Charlò Camilleri, ‘Daħla’, in Liturġija tas-Sigħat – 5 ta’ Mejju. Sant’Anġlu ta’ Sqallija, Karmelitan martri: Ċelebrazzjoni ta’ għeluq it-800 sena mill-Martirju, Malta 2020, 5-9. In quest’ultimo testo propongo l’idea che Berengario e Margerita potrebbero esser visti come allegoria del sincretismo religioso allora presente. 20 Gabriel Couto, ‘Historia Ordinis. De Cultu S. Angeli Martyris, O.Carm.’, in Anal.
[20] Gabriel Couto, ‘Historia Ordinis. De Cultu S. Angeli Martyris, O.Carm.’, in Anal. Ord. Carm. XI/VII-VIII (Ian. – Iun. 1942), 168.
[21] Roderick Busuttil, ‘Il-Knisja ta’ Santa Marija ta’ Bir Miftuħ’, f’Kappelli Maltin (on-line): www.kappellimaltin.com (GDJ SM Bir Miftuħ). 21 ta’ Awwissu 2019.
[22] Per comunicazione orale si parla di urna lignea, ma uno storico di Żejtun il-Kan. Joe Abela scrive di una urna argentea contenente reliquie di Sant’Angelo che dovrebbe essere custodita nella chiesa a lui dedicata: Kan. Joe Abela, ‘Girgor Boniċi’, f’ Leħen il- Banda’tal-Għaqda Mużikali San Pietru Fil-Ktajjen A.D. 1957, 2000.
[23] Gabriele Monaco, S. Angelo Martire Carmelitano, Laurenziana, Napoli, 1967, 60. A Ħal Qormi in Triq San Bastjan, troviamo anche una nicchia votiva col simulacro di S. Angelo eretta nel diciannovesimo secolo per grazia ricevuta, probabilmente collegata alla liberazione della peste. Nella medesima strada è stato si trova un’altro simulacro, di dimensione monumentale, raffigurante S. Sebastiano co-patrono con San Giorgio di Ħal Qormi invocato specialmente per la liberazione della
peste. Il Vescovo Scicluna concedette nel 1883 l’indulgenza di 40 giorni per chi recita un pater, ave, gloria dinanzi all’effige di S. Angelo.